A dicembre continua la corsa verso l’alto dei mercati azionari, sostenuta dalla vittoria di Boris Johnson nel Regno Unito e dalla firma della prima fase dell’accordo commerciale tra Stati Uniti e Cina. Il 2019 si avvicina al termine confermandosi un anno a doppia faccia: fino a fine estate il mercato è salito con i settori difensivi e growth; da settembre in poi a performare è stata soprattutto la parte ciclica e value. Questa inversione del trend che proseguiva da molti trimestri, è legata a doppio filo a un moderato rialzo dei tassi ed è principalmente dovuta a tre cose: (i) il flusso di notizie positive su geopolitica e guerra commerciale; (ii) il punto di flesso dei dati macroeconomici che sembrano segnalare il bottoming del ciclo economico; e (iii) l’insistenza con cui recentemente viene richiesta da più parti una politica fiscale più espansiva.
Per il 2020, Massimo Trabattoni, Head of Italian Equity, si aspetta come tema principale una continuazione dell’outperformance della parte ciclica. Come anticipato da Christine Lagarde nei suoi primi interventi come Presidente della Banca Centrale Europea, la politica monetaria ha esaurito gli strumenti per sostenere ulteriormente l’economia. Ed è per questo che Lagarde suggerisce invece di riformulare in ottica più espansiva lo stimolo fiscale. A fronte di enormi investimenti strutturali (es. infrastrutture) che necessitano di essere fatti e della situazione di alcuni stati membri, come la Germania, che registrano un surplus fiscale, la soluzione per migliorare la domanda interna dell’Unione deve passare attraverso una maggiore spesa pubblica da parte di quei governi che possono permetterselo. Questa narrativa, unita al miglioramento dei dati macro globali, sta facendo ripartire leggermente i tassi e rinforza il sentiment positivo sui settori ciclici come industriali e costruttori.
Non bisogna però pensare che i difensivi, come utilities e healthcare, abbiano finito completamente di performare. Infatti finché i tassi rimangono cosi depressi gli investitori di lungo periodo in cerca di rendimenti continueranno a essere compratori marginali di equities affinché possano assicurargli alti dividendi e bassa volatilità. Ciò che succederà secondo Trabattoni sarà l’emergere di una maggior selettività nella scelta dei singoli titoli, con una preferenza verso quei sottosettori dove ci sono ancora investimenti da fare e una particolare attenzione alle tematiche ESG. Più in generale questo focus sugli investimenti tematici sarà sempre più rilevante sia nell’analisi di singoli titoli, sia perchè i “temi” andranno a sostituire i settori tradizionali e le geografie come benchmark contro cui valutare le società in maniera “relative”.
Per quanto riguarda l’Italia, buone notizie arrivano dai PIR. Il governo ha infatti approvato, all’interno della Legge di Bilancio, un aggiustamento alla normativa PIR che elimina il vincolo di investire il 7% tra società quotate all’AIM e non quotate (modifica fatta nel 2018 che bloccò completamente la raccolta), sostituendolo con l’obbligo di investire almeno il 3% in società non FTSE Mib e non Midex. Nonostante la normativa entri in vigore nel 2020, si sono già visti dei flussi in acquisto su small e mid caps specialmente su quei nomi più esposti al ciclo in congiunzione con la ripresa economica. Sulla parte large caps, un settore che potrebbe avere trazione nel 2020 è quello bancario. Oltre a beneficiare della ripresa degli asset ciclici/value, i due catalyst principali specifici sul settore sono: (i) il consolidamento infra-nazionale tra banche di media grandezza, ora che buona parte degli NPLs è uscita dal sistema; e (ii) la possibilità di un’unione bancaria europea, la quale potrebbe essere un trigger per l’attività di M&A internazionale.
Si consiglia di essere esposti soprattutto verso quelle realtà i cui ricavi derivano meno dal margine di interesse e più da altre fonti.
Intervista a Massimo Trabattoni, Head of Italian Equity.