Nell’ultimo anno e mezzo sui mercati abbiamo assistito a un cambio di paradigma: per la prima volta dopo diversi anni, le small cap hanno sottoperformato l’universo delle large cap.
Cerchiamo di spiegare meglio questo fenomeno. Quali sono state le ragioni di questo andamento?
I motivi principali sono due: le alte valutazioni e il peso sempre maggiore negli scambi sui mercati azionari dei flussi dei fondi passivi e degli strumenti automatici.
Questi ultimi selezionano i titoli in base al momentum e fanno della velocità di esecuzione, sia in acquisto che in vendita, la loro peculiarità. Per raggiungere il loro obiettivo si concentrano sugli indici e la liquidità di mercato garantita dalle large cap risponde al meglio alle loro scelte di investimento. I movimenti dei prezzi vengono pertanto influenzati dalla logica di questa enorme quantità di flussi, specialmente nelle fasi di rialzo dove le large cap, unico target possibile di questi strumenti, tendono a registrare performance superiori al resto del mercato.
Quali dunque le scelte di portafoglio e le prospettive delle performance future?
Come in parte già accennato sopra, l’aspetto di maggior rilievo dell’attuale scenario è rappresentato dai flussi di liquidità che adesso sono a favore delle large cap. La controprova sono state le valutazioni stellari che i titoli a piccola capitalizzazione avevano raggiunto sia a livello globale che a livello nazionale: nel caso italiano la bolla PIR aveva infatti contribuito all’espansione talvolta irragionevole dei multipli.
In questa fase, invece, manca ‘l’alta marea’ dei flussi di acquisto che sostiene in modo indistinto l’universo delle small cap rendendo ancora più stringente la selezione. Ora più che mai è vietato sbagliare, anche perché nel caso delle small cap spesso si tratta di azioni non liquidissime e, in caso di vendita sul mercato perché ritenute deludenti rispetto alle aspettative, le perdite potrebbero aggravarsi.
Cosa cambia per gestori attivi come Kairos che adottano un rigoroso stock picking, prediligendo i titoli delle società finanziariamente più stabili, con una migliore valutazione e con prospettive di crescita?
Si allungano i tempi di maturazione dei titoli. Se prima, grazie anche alla liquidità e alla possibilità di vedere ampliati i multipli di Borsa, le small cap consentivano ritorni interessanti anche entro i 12 mesi, adesso è necessario mettere in conto tempi più lunghi (1-2 anni) per vedere espresso il loro valore nascosto. Più in generale, invece, sebbene la stabilità finanziaria sia un aspetto qualificante, ancora più importante per le small cap è il profilo di break-up tecnologico, ovvero la potenzialità che potrebbero generare grazie al proprio specifico modello di business o di innovazione prodotto.
Quali sono le vostre attuali principali strategie di portafoglio?
Il portafoglio è composto sia da large cap che da small cap. Il tema dei dividendi e della continuità dei risultati costanti anche con bassa crescita è sviluppato tramite le large cap. Il tema della crescita è invece appannaggio delle small cap. È vero che in tutto il mondo, e anche in Piazza Affari, è sempre più difficile trovare piccole aziende con storie di crescita ancora inespresse nelle valutazioni di Borsa.
Ma in Italia, concentrandoci sulle tante eccellenze dei distretti industriali e del Made in Italy, è possibile individuare titoli interessanti caratterizzati da progetti strategici di innovazione prodotto e a vocazione internazionale.
Intervista a Massimo Trabattoni, Head of Italian Equity.