Probabilmente non tutti sanno che dal 2013 Assogestioni ha adottato i Principi italiani di Stewardship per l’esercizio dei diritti amministrativi e di voto nelle società quotate. L’obiettivo è quello di fornire una serie di best practice di alto livello in grado di stimolare il confronto e la collaborazione fra le Società di gestione e gli emittenti quotati in cui esse investono. L’adozione di questi Principi ha permesso all’Italia di essere tra i pionieri delle best practice internazionali, poi riconosciute formalmente con l’entrata in vigore della Shareholder Rights Directive II (SHRD II). Approfondiamo meglio il tema insieme a Massimo Trabattoni, Head of Italian Equity.
Quali sono dunque i vantaggi per i gestori di questa iniziativa promossa da Assogestioni?
Non si tratta di vantaggi immediati, quanto piuttosto di un quadro normativo capace di agevolare, anno dopo anno, una visione più trasparente e affidabile delle singole aziende. Negli anni, grazie anche al prezioso contributo dei professionisti di Assogestioni preposti a questa mission, è stato possibile insediare nei CDA delle aziende quotate esperti indipendenti con profili specifici nell’ambito della contabilità, del business e della governance in grado di garantire i più elevati standard qualitativi. L’adozione di tali standard varia tuttavia da società a società così come l’implementazione dei criteri ESG, con differenti ricadute sul business aziendale. Per esempio, il settore lusso, uno dei più importanti in Piazza Affari, è fra i primi ad essersi uniformato agli standard ESG.
A proposito di settori, si è notato che da settembre le performance migliori sono state generate dalla parte ciclica e value. A cosa dobbiamo questa inversione del trend che proseguiva da molti trimestri?
Nei primi mesi dell’anno le quotazioni – e le relative valutazioni – della parte growth avevano forse esagerato nel salire ed hanno agevolato la rivalutazione della parte ciclica e value, cioè di quei segmenti azionari che avevano sofferto una situazione di mancanza di crescita degli utili, se non di contrazione dei profitti. Inoltre, le prese di posizione anche autorevoli (come quella della neo Presidente della BCE Christine Lagarde, ndr) sulla necessità di spingere le politiche fiscali per promuovere la crescita, hanno sostenuto le aspettative dei settori ciclici e value.
Cosa aspettarsi per il 2020?
È probabile dunque che nella prima parte dell’anno possa essere privilegiata la parte ciclica e value anche per effetto del supporto dell’introduzione o anche del solo annuncio di politiche fiscali. Mentre nella seconda parte potrebbe essere la parte growth a primeggiare, soprattutto se le aspettative sugli utili saranno rispettate dai dati effettivi di bilancio. La soluzione ottimale per una corretta allocazione di portafoglio potrebbe essere quella di creare un giusto mix tra le varie componenti del mercato – cicliche, value e growth – attraverso lo stock picking (selezione accurata dei singoli titoli, ndr) che dovrebbe finalmente tornare a fare la differenza nei portafogli.
Una soluzione valida anche per Piazza Affari, dove c’è chi si aspetta l’effetto della nuova legge sui PIR?
La capacità di selezionare le aziende è fondamentale soprattutto sul mercato italiano. In particolare, una delle nostre priorità consiste nell’individuare le società di più piccole dimensioni con validi modelli di business inclini ai mercati internazionali che hanno difficoltà a finanziarsi con le banche: se potessero beneficiare di flussi di finanziamento diretto dai risparmiatori potrebbero fare quel salto di qualità capace di aumentarne sensibilmente le valutazioni nel medio lungo termine.
Intervista a Massimo Trabattoni, Head of Italian Equity.