Il mercato si era illuso che l’Italia potesse trovare in tempi rapidi la soluzione definitiva ai problemi che affliggono il suo sistema bancario. Era troppo ottimista. Di certo l’iniziativa condotta dal governo su due fronti – il Fondo Atlante e il decreto annunciato venerdì scorso per la riduzione dei tempi di recupero crediti – ha il merito di evitare il baratro.
È uno step nella giusta direzione, con l’obiettivo di favorire lo sviluppo di un mercato secondario dei non performing loans ed eliminare dal mercato il rischio del bail-in bancario. Atlante comprerà la tranche più junior dei crediti cartolarizzati. La tranche senior – a condizione che ottenga rating investment grade – godrà della garanzia pubblica tramite lo strumento delle Gacs (Garanzie per la cartolarizzazione dei crediti in sofferenza ndr). La tranche mezzanina, a sua volta, potrebbe essere interessante per molti investitori istituzionali, a cominciare dai fondi pensione. Tuttavia serve tempo per smaltire la massa dei non performing loans.
Vale la pena ricordare che i margini del sistema bancario resteranno sotto pressione per alcuni anni, a causa delle misure adottate dalla Banca Centrale Europea per contrastare le tendenze deflattive. Ad oggi, la domanda di crediti sani è ancora scarsa. Un’accelerazione della ripresa contribuirebbe a ridare fiato al sistema finanziario e non solo. Vorremmo vedere soprattutto una ripresa degli investimenti privati da parte delle aziende: ma perché le imprese rimettano in moto l’economia domestica serve uno scenario più rassicurante, con meno punti interrogativi. Per adesso, si osserva un miglioramento di alcuni dati, disoccupazione in primis. Ma è presto per stabilire se la ripresa è ben avviata verso una fase di consolidamento.
Nel frattempo, restano in evidenza i titoli contraddistinti da ampia visibilità e una ridotta volatilità degli utili attesi: business regolamentati, municipalizzate e utility. Una tendenza destinata a durare perché esprime il tentativo da parte di molti investitori di rifugiarsi nei segmenti azionari con caratteristiche di rendimento e relativa stabilità, che non sono più rintracciabili nel reddito fisso. In questa fase, ampliando gli orizzonti e guardando alle small cap, potrebbero essere interessanti alcuni nomi del settore industriale che operano in mercati frammentati e vantano buone potenzialità di crescita attraverso possibili operazioni di fusione e acquisizione.
Sul fronte valutario, il rafforzamento della moneta unica rispetto al biglietto verde sembra vicino al capolinea. Da qui a fine anno, il cambio euro-dollaro dovrebbe oscillare nella forbice tra 1,10 e 1,20.
A cura di Massimo Trabattoni, Responsabile Azionario Italia di Kairos per la rubrica Italian Times di AdvisorPrivate.