L’arrivo della pandemia ha dato la spinta definitiva a numerosi cambiamenti epocali che erano già in corso. Numerosi economisti ed esperti stanno leggendo in questa chiave gli effetti del Covid-19 sulla nostra società: siamo ormai entrati nella “New Era”, un termine che indica il trend di lungo termine che include, per esempio, le nuove abitudini dei Millennial e gli effetti del cambiamento climatico. Ma l’ingresso nella “Nuova Era” ha effetti anche sul mercato azionario italiano? Lo abbiamo chiesto a Massimo Trabattoni, Head of Italian Equity.
“Ci sono settori con un peso importante sugli indici di Piazza Affari le cui prospettive non sono vincenti in questo nuovo contesto. Per dirla in termini più chiari: se non rinnovano, rischiano di essere superati dai nuovi player di mercato. Il settore bancario tradizionale, per esempio, oggi è fortemente insidiato dal mondo fintech”, specifica Trabattoni. Rimanendo in ambito finanziario, l’impatto delle nuove tecnologie è particolarmente evidente nelle piattaforme dedicate al risparmio gestito, tra le più efficienti e redditizie del mercato. Stesso discorso vale per le tante soluzioni fintech e smart che sono state in grado di togliere quote di mercato alle banche tradizionali, in particolare nelle attività con margini di guadagno più elevate. A caratterizzare questi nuovi player di mercato, agevolati anche dalla facilità nella raccolta di capitali, sono strutture snelle, relativamente poco costose e spesso basate sul cloud computing. Tutto ciò si traduce in una parola – competitività – che permette di sottrarre clienti agli operatori tradizionali, che magari sono entrati con poca convinzione nella “New Era” oppure non lo hanno ancora fatto.
Lo stesso fenomeno, tuttavia, si può osservare anche in altri settori. Per esempio nel segmento “oil”, che ha un peso rilevante negli indici di Piazza Affari e può contare su Blue Chips leader nelle energie fossili e su altre realtà, ugualmente importanti, ma lontane dall’approccio “green”. “Due tra le aziende più attive nelle energie rinnovabili – sottolinea Trabattoni – sono partite da mondi che poco avevano a che fare con la sostenibilità. Dal passato fatto di stabilimenti siderurgici e raffinerie petrolifere, sono state in grado di trasformarsi in imprese “green”, grazie anche ai generosi incentivi pubblici”.
Ma quello dell’energia è un settore che affronterà nuove sfide in futuro, dettate appunto dalla “Nuova Era”. Una di queste è sicuramente l’idrogeno. Grazie all’accelerazione del progetto di finanziamento promosso dalla BCE e dall’Unione Europea, l’idrogeno sta suscitando grande interesse tra finanziatori e investitori. Diversi gruppi italiani sono coinvolti nello sviluppo di questa nuova fonte di energia, sia nell’ambito delle infrastrutture (distribuzione) che della ricerca. Si tratta spesso di aziende che generano flussi di cassa da altri business, ma che sono attente alle nuove tendenze di mercato e alle opportunità ad esse collegate. Oltre a questa tipologia di imprese, per le quali l’idrogeno è in qualche modo un’attività interessante ma collaterale, ci sono aziende nuove, piccole ma fortemente innovative, che sono pronte quotarsi in Borsa e, almeno potenzialmente, a crescere a tassi significativi.
Lo sbarco di nuove aziende innovative in Borsa, in realtà, è un fenomeno trasversale a tutti i settori. Il motivo è semplice: tutti gli ambiti della società – lavoro, tempo libero, consumi, rapporto con l’ambiente – sono cambiati o stanno cambiando, e i modelli di business che non si adattano diventano rapidamente obsoleti. “Non è tanto il settore in sé a invecchiare, quanto piuttosto il modo di svolgere l’attività nel nuovo contesto globale, tenendo conto delle aspettative dei consumatori, sempre più attenti alla sostenibilità e al rispetto dell’ambiente e della società”, spiega Trabattoni.
La differenza sostanziale con il passato è che gli investimenti in ricerca, innovazione e sviluppo che prima venivano finanziati come una delle tante voci del business, magari forzatamente perché non sempre producevano profitti immediati, adesso diventano fondamentali per assicurare un futuro all’azienda. Le nuove generazioni, non soltanto i Millennial, sono disposte a pagare un prezzo maggiorato per un servizio o un prodotto di qualità, a patto che sia sostenibile e certificato. Il tema della sharing economy, ovvero utilizzare un prodotto senza possederlo, e l’abitudine a recensire sui social i servizi utilizzati rappresentano cambiamenti epocali che interessando alle imprese. Nella “New Era”, infatti, la valutazione di un’azienda non può limitarsi ai soli numeri del bilancio, ma coinvolge anche la reputazione e la percezione del brand.
“È un cambiamento di approccio all’investimento che, più che analizzare i settori, porta ad approfondire i diversi temi all’interno dei singoli settori. Uscendo dalle classificazioni tradizionali, vanno quindi osservate le società più in linea con le richieste future dei consumatori. Non ci si può limitare a valutazioni legate a parametri finanziari classici o storici, ma occorre provare a delinearle in prospettiva, in modo da incrociare le attuali quotazioni con il collocamento dell’azienda nel nuovo scenario globale, nella Nuova Era”, conclude Massimo Trabattoni.
Intervista a Massimo Trabattoni, Head of Italian Equity.