Il grande recupero in corso sugli asset finanziari ha numerose cause.
Il grande recupero in corso sugli asset finanziari ha numerose cause.
La prima è geopolitica. Tra Israele e Gaza non è certo scoppiata la pace, anzi, ma il conflitto per ora non si è allargato. I missili dallo Yemen e dal Libano sono per ora atti dimostrativi. Il mondo sunnita si ferma alla condanna politica di Israele, quello sciita flette i muscoli, ma non sembra andare oltre. La Cisgiordania è sostanzialmente ferma. Un’intensificazione dei conflitti endemici in Siria e Iraq è più che possibile, ma si tratta di aree cui i mercati, spiace dirlo, prestano poca attenzione. Tutto è molto fragile e volatile, ovviamente, ma vivere pericolosamente è ormai un modo di essere di questa fase storica.
La seconda ragione è il programma delle emissioni del Tesoro americano nei prossimi sei mesi, pubblicato ieri. È meno pesante del previsto e questo, nel contesto di un mercato che cominciava a temere difficoltà di assorbimento, è molto importante. Altrettanto importante è che le emissioni siano state molto spostate sulla parte breve, riducendo il carico sulla parte lunga, quella che nelle ultime settimane aveva mandato segnali evidenti di affanno.
La Yellen è stata molto criticata, in particolare da Stanley Druckenmiller, per non avere approfittato dei tassi vicini a zero del 2020-21 emettendo massicciamente titoli a lunghissima duration. Se lo avesse fatto, le spese per interessi per il Tesoro sarebbero oggi molto più contenute. Emettere oggi titoli brevi potrebbe essere però una scelta corretta, se si pensa che la curva dei tassi, nella sua interezza, sia destinata a scendere il prossimo anno. In ogni caso l’effetto positivo sui corsi dei titoli lunghi lo si è visto subito e si è trasmesso immediatamente all’azionario, i cui multipli sono funzione dei tassi a lungo termine.
La terza ragione del rimbalzo è offerta dalla lettura che il mercato ha dato dell’ultimo Fomc. Powell è stato molto attento a non escludere ulteriori rialzi dei tassi di policy, ma ha insistito ancora di più sulla lunga pausa che la Fed, giunta a questo punto, può prendersi. La Fed è insomma passata, come è stato notato, dal pause all’hold. Powell è stato saggiamente prudente nel valutare l’influenza del restringimento delle condizioni finanziarie (ovvero della discesa, fino a ieri, dei corsi azionari e obbligazionari). Vediamo se dura, ha detto, lasciando intendere che più le condizioni finanziarie peggiorano, più la Fed può rimanere ferma sui tassi a breve. Vero potrebbe però essere anche il contrario. Se i tassi a lungo scendono dal 5 al 4.5, come sembrano intenzionati a fare, la pressione per un rialzo dei tassi di policy potrebbe tornare a farsi sentire.
La quarta ragione del recupero dei mercati è l’indebolimento che si comincia a scorgere nella velocità di crescita dell’economia americana. Il terzo trimestre, ricordiamo, ha fatto segnare una crescita annualizzata fortissima, il 4.9 per cento. Per il quarto trimestre il modello della Fed di Atlanta, che negli ultimi mesi aveva previsto meglio di tutti il boom del terzo trimestre, proietta oggi l’1.2 per cento. Il modello dispone ovviamente dei soli dati di ottobre, ma indica comunque una direzione di marcia verso il basso.
Il mercato, per ora, legge questo rallentamento in modo benevolo, ovvero come l’inizio di quell’atterraggio morbido che farà planare l’economia americana verso una velocità di crociera sostenibile, eliminando i rischi di surriscaldamento e di conseguente eccesso di rigore da parte della Fed.
Sono naturalmente possibili anche letture meno benevole. Non è stato raro, storicamente, vedere recessioni anche dure seguire un trimestre molto forte. Per ora, tuttavia, la lettura dell’atterraggio morbido pare legittima, anche alla luce della buona tenuta del mercato del lavoro. Non dimentichiamo poi che il contesto internazionale vedrà nei prossimi mesi dispiegarsi anche il rilancio fiscale cinese, con l’obiettivo ufficiale di una crescita del 5 per cento che darà sostegno anche all’economia globale.
La quinta ragione del recupero è infine la condizione di ipervenduto in cui versavano i mercati azionari e obbligazionari. Il ribasso iniziato in agosto si era intensificato dopo gli eventi in Medio Oriente e ampie posizioni al ribasso erano andate creandosi nelle ultime settimane. Ora i mercati rimbalzano come una molla compressa. La vicinanza della fine dell’anno, che vieta ai gestori di fare errori che non potrebbero recuperare, fa il resto.
Tutto bene, quindi? Powell e la Yellen, sicuramente consapevoli dei rischi geopolitici, hanno salvato il Natale? Probabilmente sì. Restano altri ostacoli da superare, a partire da quelli geopolitici, ma una chiusura dell’anno in recupero è ridiventata possibile.
Ci sono poi problemi di medio termine. Bill Dudley, che fu a lungo ai vertici della Fed e che in questi tre anni ha previsto correttamente (andando controcorrente) la tenacia dell’inflazione e la necessità di contrastarla energicamente con tassi reali particolarmente alti, sostiene che la Fed, fermandosi, commette un grave errore. In cambio di un sollievo temporaneo, afferma, rischia di consolidare un minimo di inflazione al 3.5 per cento e da qui ripartire quando il ciclo tornerà ad accelerare. Saranno allora necessari tassi ancora più alti degli attuali per riprendere il controllo.
Per gli investitori si profila comunque, crediamo, una fine anno migliore di quella che si era cominciata a temere. La situazione per il 2024 rimane però molto aperta, anche se l’approssimarsi delle elezioni indurrà a cercare in tutti i modi di evitare una recessione. Le borse, per confermare il loro recupero, hanno bisogno di tassi più bassi e di utili in ripresa. Sono entrambe premesse realizzabili, ma non sono certezze.
Lo scenario di base suggerisce di rimanere investiti e consente anche, a questo punto, un prudente allungamento della duration nell’obbligazionario. Sarà comunque meglio, verso fine anno, spendere una parte del recupero per comprare protezione in vista di un 2024 che non sarà meno complesso del 2023.
In Kairos da gennaio 2010, è Strategist e autore de “Il Rosso e il Nero”, newsletter finanziaria settimanale di strategia d’investimento.
Ha iniziato la sua carriera come Account Executive presso Merrill Lynch Milano; dal 1987 al 1989 ha lavorato per Gestnord Fondi come Direttore Investimenti e dal 1989 al 1994 per Caboto Group nella ricerca macro, strategica e quantitativa.
Nel 2001 ha ricoperto presso Abaxbank il ruolo di Head of Research and Investment Strategist.
Laurea in Filosofia presso l’Università Statale di Milano.