rosso e nero
a cura di Alessandro Fugnoli, Strategist

LA TORRE DI BABELE

Cinque narrazioni convivono nei mercati

Ci sono momenti in cui i mercati parlano una lingua sola. Sono da una parte i momenti di euforia e di bolla e, dall’altra, quelli di crash e disperazione. Ci sono poi altri periodi in cui le lingue diventano due. Per fare un esempio, negli ultimi due anni abbiamo avuto quelli che parlavano la lingua dell’inflazione transitoria e quelli che sposavano la tesi dell’inflazione strutturale.

Ci sono momenti in cui i mercati parlano una lingua sola. Sono da una parte i momenti di euforia e di bolla e, dall’altra, quelli di crash e disperazione. Ci sono poi altri periodi in cui le lingue diventano due. Per fare un esempio, negli ultimi due anni abbiamo avuto quelli che parlavano la lingua dell’inflazione transitoria e quelli che sposavano la tesi dell’inflazione strutturale.

Oggi le narrazioni che possiamo censire sui mercati sono addirittura cinque. Alcune sono tra loro mutuamente intelligibili, anche se con fatica. Altre sono comprensibili solo per chi le parla. Alcune sono una forma di pensiero forte. Sono espresse con tesi ardite e con grado di convinzione elevato. Altre sono pensiero debole, fatto di dubbi e di prudenza. Individuare queste narrazioni nella cacofonia è il primo passo per fare una scelta consapevole sul dove schierarsi.

La prima è un esempio di pensiero forte. La crescita globale, dice, è più forte e sana di quanto si pensi, mentre l’inflazione, al di là di qualche strascico temporaneo, è un problema sostanzialmente risolto. Le banche centrali si limiteranno a modesti ulteriori rialzi dei tassi, ma in realtà la normalizzazione della politica monetaria è cosa fatta. Appena sarà di nuovo chiaro che l’inflazione è in coma irreversibile, i tassi verranno tagliati.

Questa narrazione, decisamente rialzista, ha dominato le borse in gennaio ed è ancora diffusa nei mercati, in particolare nell’azionario.

La seconda narrazione sostiene che la crescita è fin troppo forte rispetto alle risorse effettivamente disponibili e che l’inflazione, per quanto in calo, sta stabilizzandosi su un livello ancora inaccettabile. Più si prolungano le tensioni sui prezzi, anche se limitate a un 3-4 per cento all’anno, più mette radici la psicologia inflazionistica e più in alto dovranno salire i tassi il giorno in cui si deciderà davvero di ritornare al due per cento.

Il corollario è che più belli sono i dati macro di questi primi mesi del 2023, più profonda sarà la recessione verso la fine dell’anno, con il rischio che la crisi si prolunghi nel 2024.

Questa narrazione è sostenuta tra gli altri da Larry Summers e da economisti di mercato molto attenti come Aneta Markowska.

La terza narrazione sostiene che la crescita, al di là di qualche temporaneo momento di forza, è debole e destinata a indebolirsi ulteriormente per gli effetti ritardati della politica monetaria. I tassi, in questa luce, sono già saliti fin troppo e le banche centrali saranno presto costrette a tagliarli.

Questa narrazione ha due versioni. La prima sostiene che l’indebolimento della crescita sarà modesto e preluderà a un 2024 di ripresa. La seconda ipotizza una recessione. In entrambe le versioni l’investimento monetario (per la prima) e obbligazionario (per la seconda) è considerato preferibile rispetto a quello azionario.

La quarta narrazione è una versione ottimista della seconda. È vero, sostiene, la crescita su questi livelli è incompatibile con un’inflazione al 2 per cento. Alla fine, tuttavia, le banche centrali sceglieranno di salvare la crescita e di rinunciare al 2 per cento di inflazione. Faranno due o tre altri rialzi, con calma, avendo deciso in cuor loro di rimanere comunque leggermente dietro la curva, in modo da non danneggiare troppo la crescita. Va poi considerato che le politiche fiscali rimarranno comunque espansive.

In questa ipotesi l’azionario, sostenuto da una buona crescita e da tassi reali vicini a zero, è un investimento da non sacrificare rispetto al monetario e all’obbligazionario.

La quinta ipotesi è che l’orientamento delle banche centrali sia ancora verso una stabilizzazione dell’inflazione, ma che da qui in avanti si faccia sempre più cauto e attendista. Un conto infatti è alzare i tassi quando sono a livelli estremamente bassi, un altro conto è alzarli quando si avvicina il punto di rottura, quello da cui parte una recessione.

In questo scenario le banche centrali saranno più che mai data dependent, ma vista la volatilità dei dati cercheranno in ogni modo di non reagire troppo ai singoli dati e di smussare la loro policy. In questa luce, alzare i tassi di 50 punti in marzo diventa per la Fed un rischio eccessivo, anche in presenza di un rimbalzo dell’inflazione. Meglio semmai rimettere in cantiere l’ipotesi di un terzo rialzo in giugno e restare alla finestra a studiare l’andamento del ciclo economico e dell’inflazione nei prossimi mesi. Saranno infatti mesi complicati in cui pressioni di segno opposto dispiegheranno i loro effetti, in parte imprevedibili.

Se le banche centrali cercheranno di camminare sulle uova, lo stesso, in questa ipotesi, dovranno fare i mercati evitando di abbracciare tesi troppo forti, tanto positive quanto negative.

Provando a trarre le conclusioni da questa carrellata di posizioni, come comportarsi sui mercati?

A parte la prima narrazione (buona crescita e inflazione sconfitta), un po’ troppo ottimista in un contesto di politiche fiscali espansive, le ipotesi presentate sono tutte possibili. Un portafoglio solido dovrà quindi mantenere una diversificazione tra obbligazionario di qualità e azionario, riservando una quota più elevata rispetto al passato al monetario (o all’obbligazionario breve) sia per i suoi rendimenti elevati sia per la possibilità che offre di cogliere occasioni sull’azionario in caso di ripresa del bear market nella seconda parte dell’anno.

In secondo luogo, non sembrano esserci ancora motivi sufficienti per adottare posizionamenti aggressivi, tanto offensivi quanto difensivi. Ci si può sbilanciare verso l’ottimismo, perché l’intenzione dei policy maker di uscire dal caos degli ultimi tre anni è seria, ma ci si deve mantenere prudenti. Le esogene sono in agguato e le valutazioni degli asset finanziari non offrono al momento grandi spazi. A complicare le scelte c’è anche una certa sopravvalutazione dell’azionario rispetto all’obbligazionario.

Nel breve termine sembra in ogni caso ragionevole continuare a sovrappesare l’azionario europeo e cinese rispetto a quello americano.

Ultimi Numeri

19 Dicembre 2024
12 Dicembre 2024
05 Dicembre 2024
28 Novembre 2024
21 Novembre 2024
Al Quarto Piano con Alessandro Fagnoli


ARCHIVIO

2024

Alessandro Fugnoli

IL NUOVO
MAGAZINE DIGITALE DI KAIROS
E’ ONLINE