rosso e nero
a cura di Alessandro Fugnoli, Strategist

RESTRITTIVI?

Con una mano si stringe, con l’altra si allarga

Ai confini della realtà, tra scienza e fantascienza, l’esobiologia studia le forme che la vita potrebbe assumere al di fuori del nostro pianeta. Il suo punto di partenza sono le forme di vita terrestri che, fino a qualche anno fa, venivano considerate inconcepibili e che vengono invece gradualmente scoperte in luoghi remoti e inaccessibili, come i vulcani sottomarini. Qui vivono gli estremofili, nostri parenti molto lontani che non hanno bisogno di aria, acqua e luce e che non hanno il carbonio come loro elemento base.

Ai confini della realtà, tra scienza e fantascienza, l’esobiologia studia le forme che la vita potrebbe assumere al di fuori del nostro pianeta. Il suo punto di partenza sono le forme di vita terrestri che, fino a qualche anno fa, venivano considerate inconcepibili e che vengono invece gradualmente scoperte in luoghi remoti e inaccessibili, come i vulcani sottomarini. Qui vivono gli estremofili, nostri parenti molto lontani che non hanno bisogno di aria, acqua e luce e che non hanno il carbonio come loro elemento base.

Analogamente all’esobiologia esiste la Modern Monetary Theory, un corpo di dottrine che potremmo definire esoeconomia, ovvero l’economia di un universo parallelo che ai nostri occhi terrestri appare alieno.

Mentre nel nostro universo impariamo fin da piccoli che i tassi alti sono restrittivi, perché riducono la propensione a indebitarsi per investire, consumare e comprare case, nel mondo MMT accade l’opposto. I tassi alti, laggiù, sono visti come correlati a una forte spesa pubblica. Sono quindi l’altra faccia di una politica espansiva. Pagando alti tassi d’interesse sul proprio debito, inoltre, lo stato alieno accredita tanti bei soldi sui conti correnti degli obbligazionisti, che possono così spendere e consumare di più.

L’universo alieno ha avuto fino a due settimane fa per capitale Ankara. Quando Erdogan dice che i tassi alti creano inflazione, ragiona da perfetto esoeconomista. La Turchia da lui guidata ha mantenuto sempre i tassi molto bassi premendo al massimo sull’acceleratore e per molti anni è riuscita a crescere brillantemente senza produrre troppa inflazione. A un certo punto però le cose si sono rovesciate. L’inflazione è esplosa e la crescita è scesa. Oggi la Turchia può continuare a dire che il suo modello ha prodotto risultati migliori di quello argentino (che è un mix di esoeconomia e di ortodossia promossa dal Fondo Monetario), ma le distanze tra i due paesi si sono molto ridotte.

Che i tassi alti, da soli, non comportino direttamente effetti così restrittivi come si sarebbe indotti a pensare è però una nozione che comincia a filtrare anche nel nostro universo. Nel castello di Sintra, dove la Bce tiene la sua Jackson Hole annuale, abbiamo sentito Powell ammettere che se il mercato del lavoro è ancora così forte vuol dire che non si è stretto abbastanza e sufficientemente a lungo.

Jason Furman di Harvard osserva che l’indice delle condizioni finanziarie ha raggiunto il suo massimo livello di restrittività l’autunno scorso. Da lì in avanti è solo migliorato e non di poco. Il tasso sui mutui è salito nella prima metà del 2022 e oggi è più basso che in ottobre. Per le imprese che si finanziano sul mercato obbligazionario i tassi sono oggi più bassi di 8 mesi fa. Il dollaro nel frattempo si è indebolito, rendendo la vita più facile alle imprese americane. L’azionario sale da tre trimestri.

Non è solo la finanza a non mostrarsi preoccupata per i rialzi dei tassi. L’edilizia, classica componente ciclica, è in ripresa e c’è (non solo in America) una forte domanda insoddisfatta di case da parte del pubblico. L’edilizia industriale poi è in pieno boom grazie in particolare alle megafabbriche finanziate dal governo. È solo l’immobiliare per uffici che è in difficoltà, ma la causa in questo caso non sono i tassi alti, ma il lavoro da casa ereditato dal Covid che svuota i luoghi di lavoro.

Quanto al sentiment dei consumatori, pur con tutti i limiti che può avere questo tipo di dato, vediamo più ottimismo oggi che negli anni in cui i tassi erano a zero.

Insomma i tassi che salgono ogni mese (adesso ogni tre) sono una cosa che si ascolta dalla televisione e che lì rimane se nel frattempo le variabili che decidono della vita reale delle imprese e delle persone vanno nella direzione opposta.

Per non parlare dei governi, che fanno di tutto per mitigare gli effetti dei rialzi decisi dalle banche centrali. Nel Regno Unito, ad esempio, mentre la Banca d’Inghilterra riprende ad alzare i tassi aggressivamente per contenere un’inflazione che torna a crescere, il governo si adopera con le banche per proteggere i tassi sui mutui pagati dalle famiglie e consentire la sospensione del pagamento del capitale per i prossimi mesi.

Resta da capire se, per le banche centrali, la scarsa efficacia finora dimostrata dalle loro politiche sia davvero una sorpresa o se sia invece qualcosa di voluto. Abbiamo troppa stima nelle capacità analitiche degli staff di Fed, Bce e BoE per pensare che si tratti solo di errori di previsione.

Sembra invece evidente che le banche centrali puntano a contenere, non ad abbattere, l’inflazione. Per loro una discesa lenta (che durerà fino al 2025, a quanto hanno detto a Sintra Powell e Lagarde) sarà sufficiente a dichiarare vittoria. E vittoria doppia se saranno riuscite a evitare una recessione.

Per i mercati la situazione da osservare più attentamente è ora quella del decennale americano. È da dicembre che si è stabilizzato sotto i massimi di rendimento di novembre, mentre i tassi di policy hanno continuato a salire. Sarebbe oggi ben sopra il 4 per cento se non ci fossero state le crisi bancarie di marzo. Il ricordo di quelle crisi si affievolisce però giorno dopo giorno e gli effetti della temuta stretta creditizia si avvertono ancora poco.

Con i tassi di policy che viaggiano verso il 5.75, il decennale al 3.85 può resistere solo finché ci sarà una platea di affezionati compratori che aspettano la recessione o un crollo inaspettato dell’inflazione. Se la recessione non ci sarà, tuttavia, ben difficilmente l’inflazione scenderà velocemente con un’economia che, negli ultimi mesi è cresciuta abbondantemente sopra il 2 per cento annualizzato. Ricordiamo che la stima di crescita di lungo termine del Pil americano indicata nei dots di giugno dalla Fed è dell’1.8 per cento.

Con l’idea che l’inflazione scenderà comunque, portandosi dietro i tassi, alle borse basta una crescita anche più bassa di quella che abbiamo visto negli ultimi mesi per continuare ad avere voglia di salire. Finora del resto le borse, grazie alla forza del decennale, hanno assorbito bene le sorprese al rialzo dell’inflazione e hanno festeggiato quelle al ribasso.

Alle borse, abbiamo sempre detto, importa poco dell’inflazione e molto dei tassi (in particolare quelli a lungo, che dirigono il movimento dei multipli azionari). Attenzione al decennale, dunque.

Ultimi Numeri

19 Dicembre 2024
12 Dicembre 2024
05 Dicembre 2024
28 Novembre 2024
21 Novembre 2024
Al Quarto Piano con Alessandro Fagnoli


ARCHIVIO

2024

Alessandro Fugnoli

IL NUOVO
MAGAZINE DIGITALE DI KAIROS
E’ ONLINE