rosso e nero
a cura di Alessandro Fugnoli, Strategist

SEPARATI IN CASA

Geopolitica 2025. Molte trattative, nessun dividendo della pace

Intorno al 1680 il ricco e nobile cardinale d’Estrées commissionò al grande cartografo Vincenzo Coronelli, che aveva conosciuto a Venezia durante una missione diplomatica, due magnifici globi, uno terrestre e uno celeste, per farne dono al Re Sole. I globi, del peso di due tonnellate ciascuno, possono essere oggi ammirati nella sede della Biblioteca Nazionale di Francia. Il globo terrestre raffigura le conoscenze dell’epoca, ormai praticamente complete, tanto da includere l’Australia e l’Antartide. Il globo celeste raffigura le costellazioni così come si presentavano alla nascita di Luigi XIV.

Intorno al 1680 il ricco e nobile cardinale d’Estrées commissionò al grande cartografo Vincenzo Coronelli, che aveva conosciuto a Venezia durante una missione diplomatica, due magnifici globi, uno terrestre e uno celeste, per farne dono al Re Sole. I globi, del peso di due tonnellate ciascuno, possono essere oggi ammirati nella sede della Biblioteca Nazionale di Francia. Il globo terrestre raffigura le conoscenze dell’epoca, ormai praticamente complete, tanto da includere l’Australia e l’Antartide. Il globo celeste raffigura le costellazioni così come si presentavano alla nascita di Luigi XIV.

Sappiamo che il grande sogno di Elon Musk è di cominciare a trasferire una parte della nostra specie dal primo al secondo globo, ma per qualche anno ancora, volenti o nolenti, saremo costretti a coabitare in questo pianeta senza vie di fuga. Abbiamo provato ad abbattere le pareti divisorie durante il ventennio della globalizzazione, ma la pax americana non è riuscita a omogeneizzare il mondo, che si è invece rivelato multipolare. Abbiamo poi provato a ripensare l’idea kantiana di una convivenza basata sulle regole e l’abbiamo sostituita con l’idea hobbesiana del conflitto e della logica amico/nemico. Abbiamo sdoganato la deterrenza nucleare e abbiamo fatto qualche prova non tanto tecnica, quanto psicologica, di un nuovo conflitto globale. Abbiamo cioè provato a pensare alla guerra non solo come war game destinato agli specialisti, ma come ipotesi possibile per le nostre vite.

Nel 2025 inizierà probabilmente una terza fase. Molte guerre locali continueranno, ma la logica di fondo non sarà più quella di saggiare la forza dell’avversario in conflitti potenzialmente molto pericolosi, ma quella di prendere atto del carattere irreversibile delle fratture, di organizzare una separazione più netta e definitiva, di riporre le illusioni di ritornare insieme, ma al tempo stesso di riprendere a trattare affinché la separazione sia ordinata. È come un matrimonio in crisi in cui si smette la fase dei dispetti, si imposta una trattativa dura attraverso gli avvocati, si organizza una nuova vita ciascuno per conto proprio ma, preso atto che si è costretti a convivere, si ripristina il saluto della mattina e si regola l’uso alternato degli elettrodomestici.

Su questa strada, quanto meno, intende porsi la nuova amministrazione americana, che Cina e Russia sembrano disposte ad assecondare se non altro per prendere tempo e studiare l’avversario.

L’indiscutibile vittoria tattica di Israele, che può diventare strategica se riprenderà il processo degli accordi di Abramo, può trovare un contrappeso nel riconoscimento della prevalenza militare russa in Ucraina. Resta ovviamente da definire una miriade di questioni, ma uno schema comincia a intravedersi. Ci sono nodi spinosissimi, molti intrattabili, ma si può convenire di lasciarli irrisolti.

L’America deve decidere se provare ad allontanare la Russia dalla Cina concedendole qualcosa o se prendere atto del carattere strategico della partnership tra Mosca e Pechino e sigillare le frontiere tra Europa e Russia, limitando al minimo gli scambi commerciali tra Europa e Cina. Taiwan e i dazi, dal canto loro, saranno legati indissolubilmente nelle trattative tra Stati Uniti e Cina.

Ci sarà un dividendo della pace per economie e mercati, o quanto meno un dividendo della tregua? Probabilmente no. Il dividendo arriva quando un conflitto finisce sul serio e per spossatezza dei contendenti (come la pace di Westfalia del 1648) o quando ci sono ben chiari un vincitore e un vinto. Ma anche in quest’ultimo caso, come dimostrano gli accordi di Versailles del 1919, il dividendo può essere breve. Qui nel nostro presente la guerra globale non c’è stata, nessuno ha ancora prevalso, la corsa al riarmo non solo continua, ma accelera.

Molto probabilmente le sanzioni rimarranno in vigore, il gas russo sarà definitivamente riorientato verso India e Cina, l’Europa si fornirà di energia comprandola in America. Se il prezzo del petrolio e del gas rimarrà stabile o scenderà non sarà per le trattative o le tregue, ma perché l’America ne produrrà molto di più, sia per ridurre il suo passivo commerciale sia per rendere l’Occidente strategicamente autosufficiente.

Come si vede le separazioni commerciali si approfondiranno, le filiere produttive si duplicheranno fino a diventare parallele. La separazione strategica è del resto il punto d’approdo dell’impostazione di Bessent che, essendo uno storico dell’economia, ha la profondità di visione che gli permette di cogliere i processi di lunga durata. Facciamo chiarezza, dice Bessent, ognuno scelga da che parte vuole stare, da solo, con noi o a metà strada. Noi creeremo tre livelli di dazi e di protezione militare.

La separazione produttiva e commerciale, per Bessent, non ha solo lo scopo di reindustrializzare l’America, ma anche quello di privare l’economia cinese dei mercati di sbocco occidentali, costringendola a cambiare il suo modello di sviluppo e a spostare le sue risorse dagli investimenti ai consumi. La Cina legge questa linea come il tentativo di tagliarle gli artigli. La sua reazione iniziale sarà quella di concedere qualcosa, quella strategica sarà quella di fare dei paesi emergenti il suo grande mercato di sbocco, finanziandone lo sviluppo accelerato.

In Europa si accarezza l’idea di un rilancio attraverso la ricostruzione dell’Ucraina. Si pensa a un programma finanziato con debito comune che si affianchi a quello destinato al riarmo europeo. I tempi però saranno lunghi. Il nodo non è rappresentato dalle conquiste territoriali russe, ma dall’assetto dell’Ucraina, cui la Russia tiene di più dell’annessione del Donbass. La Russia vuole ancora di più, ovvero un riassetto del Caucaso e delle zone di attrito, come Moldova e Romania e un’architettura della sicurezza europea.

Al margine, questo grande ciclo di trattative, già in corso ufficiosamente, potrebbe togliere un po’ di vento alle vele del dollaro, dell’oro e dei Treasuries in quanto beni rifugio. Non dimentichiamo però che il sostegno al dollaro e ai Treasuries sarà parte integrante delle richieste americane. All’Europa Bessent chiede di sottoscrivere military bond cinquantennali che ripaghino in anticipo l’assistenza americana. Alla Cina si chiedono impegni ancora più lunghi. L’obiettivo è quello di alleggerire le emissioni di debito lungo da collocare sul mercato, permettere al Tesoro americano di emettere di più sul breve termine ed evitare un bear steepening della curva.

Il mercato non ha ancora messo sotto il suo radar questi temi. Gli basta avere banche centrali che tagliano i tassi anche se le economie sembrano reggersi bene sulle loro gambe. È una situazione ottimale che ricorda, in tono minore, il 2021, con i policy maker che vogliono la crescita quasi a tutti i costi mentre l’inflazione viene messa in secondo piano. Come nel 2021, l’inflazione può essere il tallone d’Achille di questo schema, ma non subito.

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