Negli scacchi lo stallo è la situazione in cui uno dei giocatori, pur non essendo sotto scacco, non può più muoversi senza finire sotto scacco. Lo stallo determina la conclusione immediata della partita in uno stato di parità fra i due giocatori.
Negli scacchi lo stallo è la situazione in cui uno dei giocatori, pur non essendo sotto scacco, non può più muoversi senza finire sotto scacco. Lo stallo determina la conclusione immediata della partita in uno stato di parità fra i due giocatori.
Nella vita, nella storia e nei mercati lo stallo è un momento inevitabile. Anche le più audaci e spettacolari campagne militari napoleoniche ebbero momenti di stallo. A differenza degli scacchi, lo stallo nella vita non è un momento conclusivo, ma una sorta di deserto, attraversato il quale tutto riprende.
Il maggiore stallo nella fase presente è quello tra Covid e specie umana. Il Covid arretra in molti paesi per avanzare in molti altri. Europa e America si danno il cambio, con il virus in ritirata negli Stati Uniti e di nuovo avanzante da noi e in un buon numero di paesi emergenti. La sua pericolosità si attenua perché abbiamo imparato in molti casi a curarlo, ma il suo radicamento si fa più profondo e non sembra conoscere stagioni né essere passeggero.
I vaccini saranno di aiuto, ma non risolveranno tutti i problemi ancora per qualche tempo. Non arriveranno subito per tutti, non garantiranno una protezione completa e duratura, indurranno in certi casi comportamenti meno cauti che potranno temporaneamente creare nuovi focolai. D’altra parte nessun governo sarà disposto a ripercorrere la strada dei lockdown e delle quarantene su larga scala e anche questo, inevitabilmente, aiuterà il Covid a rimanere tra noi.
Eviteremo, augurabilmente, seconde ondate particolarmente gravi, ma permarranno, accanto ai comportamenti incauti, altrettanti comportamenti supercauti che manterranno sotto forte pressione i settori produttivi che, un po’ moralisticamente, definiamo non essenziali o addirittura superflui, come il turismo, la ristorazione e perfino il caffè al bar sotto l’ufficio. Questo, a sua volta, renderà lento il riavvicinamento del Pil globale ai livelli pre-Covid. A un certo punto ci sarà una riconversione, ma un ristoratore che chiude il suo locale non diventerà in pochi giorni un ingegnere che progetta semiconduttori e nemmeno un operaio che si arrampica sui ponteggi per coibentare palazzine.
E così, dopo un buon rimbalzo nel terzo trimestre, l’economia globale sta per entrare in una fase più impegnativa, come si comincia a vedere dai dati sia in Europa sia in America. Sempre ripresa, intendiamoci, ma più lenta e accidentata.
Lo stallo è visibile anche a livello di policy. Il pacchetto fiscale americano che si attendeva per fine agosto è in alto mare e a questo punto potrebbe anche essere archiviato. Alcuni dei programmi fiscali già varati stentano a decollare o sono troppo complicati per essere utilizzati da chi più ne ha bisogno. Anche gli acquisti di titoli da parte delle banche centrali, pur procedendo, si sono fatti meno intensi.
È vero, la Fed ha annunciato maggiore flessibilità strategica sull’inflazione, ma è un obiettivo per dopodomani e mancano le indicazioni su come si vorrà arrivare davvero a superare il due per cento. Quanto all’Europa, di superare il due per cento non si parla nemmeno, come si vede dalle ultime stime Bce sull’inflazione nel 2022, inchiodata all’1.3 per cento.
La Bce, d’altra parte ha uno spazio di manovra particolarmente stretto. Se decide di ampliare il Quantitative easing (cosa che farà comunque in dicembre e che è già nei prezzi) rischia di creare attriti con la Germania. Non facendolo, però, rischia di dare altra forza all’euro e, per questa via, di avere un’inflazione ancora più bassa e una ripresa più lenta.
Nei mercati lo stallo è evidente nell’arresto delle grandi tendenze e nella stanchezza delle narrazioni che le supportavano. Il Treasury decennale è immobile da sei mesi. L’oro è sugli stessi livelli di luglio. Lo stesso l’euro contro dollaro. Lo stallo più spettacolare è comunque quello dei grandi titoli tecnologici, che si sono mediamente rimangiati l’ultimo mese di rialzi.
Sui tecnologici giocano certamente fattori tecnici. Ben Hunt ha paragonato i derivati alla materia oscura, che non vediamo ma che costituisce il 90 per cento della massa dell’universo. I derivati si muovono su molte logiche, ma in quasi tutte il fuoco è la volatilità, non i prezzi. Mentre noi umani ci affanniamo sui prezzi e sui valori, nella dimensione parallela dei derivati le macchine lavorano giorno e notte sulla volatilità. In certi momenti la contengono, in altri, come negli ultimi giorni, la esasperano.
Non ci sono però solo gli algoritmi nella stanchezza sulla tecnologia. Infatti, se davvero stiamo rientrando (sia pure faticosamente) nella normalità, il premio straordinario per i tecnologici dovrà a un certo punto ridursi. E comunque, anche se siamo lontani dagli eccessi del 1999-2000, le valutazioni elevate richiedono periodiche verifiche.
Detto questo, nulla fa pensare che la fase di stallo diventerà a breve qualcosa di peggio. Agosto, settembre e ottobre sono costellati abitualmente da incidenti di percorso anche molto severi, perché sono la stagione in cui gli eccessi di ottimismo della prima parte dell’anno vengono corretti. Quest’anno il grande (grandissimo) incidente lo abbiamo vissuto in marzo e quella in corso è una modesta scossa di assestamento in un percorso di fondo ancora fortemente segnato dal recupero delle economie.
Se i policy maker sonnecchiano, è anche perché lo scenario di fondo lo permette. Non c’è inflazione, l’economia globale ha già recuperato due terzi di quello che aveva perduto con l’epidemia e continua a riprendersi. Se ci saranno ricadute o anche solo rallentamenti troppo marcati nel recupero si rimetterà mano alle politiche fiscali e monetarie, possiamo starne certi.
Anche se dovesse cessare, come sta succedendo in questi giorni, il flusso copioso di capitali speculativi sulle borse, rimarrà comunque il rivolo tenace (e capace di scavare qualsiasi roccia) di quanti ogni giorno si troveranno con un titolo in scadenza e, dopo avere verificato che i tassi sui bond sicuri non si muoveranno da zero per molti anni, si sposteranno su asset reali e borse, passando magari un periodo di acclimatazione con azioni con alto dividendo.
Per queste ragioni la modesta turbolenza in corso (che potrà anche continuare a fasi alterne fin dopo le elezioni americane) non ci induce a cambiare la scelta di fondo di rimanere esposti al rischio.
In Kairos da gennaio 2010, è Strategist del Gruppo e autore de “Il Rosso e il Nero”, newsletter finanziaria settimanale di strategia d’investimento.
Ha iniziato la sua carriera come Account Executive presso Merrill Lynch Milano; dal 1987 al 1989 ha lavorato per Gestnord Fondi come Direttore Investimenti e dal 1989 al 1994 per Caboto Group nella ricerca macro, strategica e quantitativa.
Nel 2001 ha ricoperto presso Abaxbank il ruolo di Head of Research and Investment Strategist.
Laurea in Filosofia presso l’Università Statale di Milano.