Le prime settimane del 2022 stanno indicando, per il momento, una continuazione, o addirittura un’intensificazione, dei principali temi che hanno guidato l’andamento dei mercati per buona parte dell’anno precedente. La parola chiave è sempre l’inflazione e subito dietro il rialzo dei tassi. Negli Stati Uniti l’inflazione (CPI) anno su anno è cresciuta del 7% con il decennale di nuovo sui massimi intorno a 1,8%. Ciò ha portato la Fed a invertire la rotta. Prima decretando che l’inflazione non è più solo un fenomeno transitorio e poi annunciando vari aumenti dei tassi di interesse per il 2022 (il mercato se ne aspetta almeno quattro) oltre ad un’accelerazione sulla vendita degli asset accumulati sui propri bilanci.
In Europa la situazione è più moderata con il Bund intorno allo 0% che però è tornato in territorio positivo e la BCE che finora ha solo dichiarato la fine del programma PEPP in primavera, senza parlare per adesso di aumento dei tassi. Per quanto riguarda l’Italia in particolare, a queste preoccupazioni si aggiunge il momento delicato di fine gennaio dell’elezione del Presidente della Repubblica. “L’aspettativa comune è che Draghi rimanga Presidente del Consiglio mentre una figura istituzionale di una certa caratura vada a sostituire Mattarella; evidentemente eventuali sbandamenti da questo scenario potrebbero portare a tensioni sullo spread e sul mercato. Noi quindi ci attendiamo un possibile aumento della volatilità, ma passeggero confidando che i partiti riusciranno a trovare un compromesso che vada bene a tutte le parti e non infici nel raggiungimento dei target necessari per ottenere i fondi del Next Generation EU” ha commentato Massimo Trabattoni, Head of Italian Equity.
“A livello settoriale – ha proseguito il gestore – ci aspettiamo ancora buoni ritorni sulla parte commodities ed energy nei primi mesi dell’anno, con una normalizzazione a seguire man mano che alcuni colli di bottiglia creatisi anche per via della pandemia andranno rilassandosi”. Indubbiamente il rialzo dei tassi d’interesse sfavorisce gli asset a lunga durata come la parte tech e utilities per via dell’attualizzazione dei flussi di cassa futuri con una valorizzazione minore. In generale, continua quindi il movimento di rotazione intersettoriale da growth a value. “Movimento che è molto visibile guardando la performance dei singoli titoli e dei sottosettori, ma che invece difficilmente traspare se si osserva solamente l’andamento degli indici” spiega Trabattoni. Questi ultimi, infatti, soprattutto per via della buona performance di poche mega-cap non sono lontani dai livelli record. Al loro interno però, soprattutto nel mondo rinnovabili e tecnologia lato software la maggior parte dei nomi negli ultimi sei mesi ha visto quasi dimezzare la propria capitalizzazione. “Tutto ciò lascia trasparire un tipo di trading molto quantitativo basato su algoritmi che comprano e vendono panieri di azioni, senza curarsi troppo del valore dei singoli titoli sottostanti. Siamo quindi a nostro parere in un momento in cui lo stock picking può portare molto valore agli investitori che abbiano la capacità di navigare attraverso il mare di volatilità che l’incertezza lato banche centrali ha portato sui mercati” ha puntualizzato l’Head of Italian Equity.
Infine, è da rimarcare la divergenza che è andata creandosi nei primi giorni di mercato tra l’andamento dell’indice FTSE MIB e quello di ITAMID e STAR. “Questa può essere ricondotta all’ottima performance dell’universo small e mid nel 2021 che quindi sta un po’ ritracciando, ed anche al fatto che l’indice principale è molto più pesato su settori ciclici e value, mentre gli altri due sono più correlati con la parte growth.”
Commento a cura di Massimo Trabattoni, Head of Italian Equity.