Nel corso del mese di ottobre tutti i principali indici azionari globali stanno conseguendo performance negative o neutre: per il mercato italiano il Ftse Mib registra -1.8% (+21.8% YtD), lo Stoxx Europe 600 -2.3% (+6.7% YtD), l’S&P 500 -0.2% (+12.9% YtD) ed il Nasdaq -0.2% (+26.8% YtD) in valuta locale (total return).
Da inizio mese l’energy è l’unico settore che ha conseguito un rendimento positivo, a causa dello scoppio del conflitto tra Israele e Hamas in Medio Oriente da cui sono scaturiti timori di un nuovo rialzo dei prezzi del petrolio. Gli altri settori, nella maggior parte dei casi, hanno invece riportato performance negative per via delle rinnovate preoccupazioni sulla tenuta del ciclo economico a fronte del recente rialzo tassi: un’eventualità che i mercati azionari hanno inizato a scontare soprattutto nelle ultime settimane, ma che i mercati obbligazionari incorporano ormai da tempo, come confermato dall’inversione della curva dei tassi americani a 2 e 10 anni da inizio anno.
Nel caso specifico dell’Italia abbiamo anche assistito ad un allargamento dello spread tra il rendimento dei BTP a 10 anni e quello dei Bund tedeschi a 10 anni (ora assestatosi in area 200 punti base) per via della manovra di bilancio per il 2024, che su 24 miliardi di euro complessivi ne stanzia 16 miliardi da nuovo debito ed i restanti 8 miliardi da tagli spese, alimentando timori sulla sostenibilità del rapporto deficit/PIL. Pertanto, nelle prossime settimane sarà importante monitorare come si pronunceranno le quattro principali agenzie di rating (Standard & Poor’s – che si è già espressa confermando il rating, Moody’s, Fitch e DBRS), dal momento che saranno tutte chiamate a confermare o rivedere il rating sovrano ed il relativo outlook assegnato al nostro paese.
Continuiamo a sottolineare la sottoperformance delle società a piccola e media capitalizzazione rispetto a quelle a maggior capitalizzazione di mercato, come suggerito dalla performance dei mercati Star ed Aim che da inizio anno hanno rispettivamente perso il -11.3% ed il -14.7%. Ribadiamo dunque come quest’ultimo trimestre sia a nostro parere un’ottima finestra per l’acquisto selettivo di quelle small e mid cap le cui valutazioni sono al momento compresse per via del recente rialzo tassi, ma che hanno dimostrato la resilienza del proprio modello di business e dei propri margini, in risposta agli shock inflattivi ed ai colli di bottiglia delle supply chain globali degli ultimi mesi.
Siamo alle battute iniziali della reporting season per il terzo trimestre dell’anno: dai primi set di risultati riportati finora (per lo più inerenti società europee ex-Italia) iniziano ad emergere i primi segni tangibili di un rallentamento del consumatore medio soprattutto per il settore dei consumi discrezionali e una prosecuzione del trend di progressivo destocking (cioè smaltimento) delle scorte di magazzino in eccesso, in seguito agli acquisti precauzionalmente anticipati nei mesi passati. Pertanto gli investitori si sforzeranno di assestare la tenuta della domanda (e quindi lo stato di salute del consumatore finale), sia in termini di volumi sia in termini di sostenibilità del pricing.
Nel caso specifico italiano, l’attenzione sarà rivolta anche al reporting dei titoli bancari, per i quali gli investitori saranno concentrati sulle prospettive del margine d’interesse da qui a fine anno e per il 2024, dal momento che il grosso del rialzo tassi sembra alle spalle, mentre la remunerazione dei depositi è rimasta invariata. A quest’inevitabile contrazione del margine di interesse netto, si affianca anche la possibilità di eventuali ulteriori accantonamenti in caso di recessione. Fatte queste precisazioni, ribadiamo la nostra convinzione che il momentum sui finanziari, per quanto destinato a normalizzarsi, rimanga ancora positivo per qualche mese: le paure sul repricing della raccolta e del costo del credito sono comprensibili alla luce della sovraperformance che il settore ha registrato da inizio anno, ma è nostra convinzione che almeno nel breve non si concretizzino. Nel medio-lungo periodo invece è verosimile ipotizzare che la preferenza del mercato si sposterà su altri settori, ma questo accadrà solo una volta migliorata la visibilità sul ciclo macroeconomico.
Commento a cura di Massimo Trabattoni, Head of Italian Equity.
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