Le dimissioni del Presidente del Consiglio Mario Draghi segnano un punto di svolta per il paese. Draghi assicurava credibilità internazionale sia per quanto riguarda le negoziazioni con la Commissione Europea che per il compimento del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Nel nuovo contesto politico, che porterà alle elezioni a fine settembre, sarà fondamentale cercare di capire le posizioni dei partiti riguardo alla prossima Legge di stabilità europea e all’esecuzione dei rimanenti traguardi del PNRR e, più in generale, agli atteggiamenti verso l’Europa e la moneta comune.
Ad ogni modo, la gestione Draghi accompagnerà il paese fino all’esito delle elezioni e continuerà ad agire anche su materie non tradizionali (PNRR), rendendo quindi la situazione più positiva di quella ipotizzata inizialmente. Tuttavia, il futuro dipende dall’esito delle urne.
Si apre dunque una fase di incertezza che, in un contesto economico già fortemente provato, non aiuta. La campagna elettorale genererà ulteriore incertezza e si dovrà poi capire se dalle urne uscirà un Paese governabile o meno. Seppure la poca visibilità non permetta grandi rialzi nel breve, è anche vero che la discesa delle quotazioni da inizio anno garantisce una sorta di floor ai prezzi delle azioni già molto depresse.
Dove vedremo gli impatti? A soffrire di più saranno i titoli legati alle dinamiche interne, quelli legati direttamente o indirettamente all’andamento economico italiano. Tra questi pensiamo alle banche, che sono tendenzialmente prestatrici di capitali ad aziende italiane. Se queste ultime dovessero andare in difficoltà si rimetterebbe in moto il tema dei non performing loans. A favore delle banche c’è però un trend di rialzo tassi da parte della Banca Centrale Europea, anche se il rischio prospettico del costo del credito in alcuni casi e l’impatto dell’esposizione ai BTP in altri, sono variabili che rendono quello bancario un settore particolarmente sensibile al contesto economico attuale.
La Banca Centrale Europea ha confermato inoltre il rialzo dei tassi d’interesse di 50 punti base, vista l’inflazione su prezzi dell’energia e del cibo. Questo rialzo non è solo stato più alto dei 25 punti che il mercato si aspettava, ma sarà probabilmente il primo di una serie, visto che Lagarde ha già annunciato un ulteriore aumento dello 0,25% da confermare nella prossima seduta. Contestualmente però è stato anche annunciato un nuovo strumento di politica monetaria, il TPI ovvero Transmission Protection Instrument (Strumento di protezione della transizione). Questo meccanismo, molto atteso dagli investitori, dovrebbe servire a portare stabilità nei rendimenti delle obbligazioni di Stato dei paesi membri. Dall’altra parte però sono stati evidenziati nel comunicato stampa della BCE dei criteri di attivazione che denotano una certa condizionalità e dei limiti quantitativi che quindi ne potrebbero inficiare l’efficacia, rendendolo uno strumento meno impattante del “whatever it takes” di draghiana memoria.
Abbiamo davanti un periodo non facile, ma bisogna considerare che in questa fase eventuali problemi legati all’Italia potrebbero condizionare l’intera Europa.
Per tutti questi motivi rimaniamo molto cauti e selettivi sull’azionario italiano privilegiando società di qualità, con fondamentali buoni, con pricing power e con leadership internazionale, che in questo momento pagano il fatto di essere quotate in Italia.
Sarà cruciale seguire attentamente le trimestrali del secondo quarter. Le società si presentano agli analisti con stime che sono già state tagliate, ma rischiano un’ulteriore riduzione al di sotto del consensus, visto il forte aumento dei costi. Sarà importante, perciò, capire il trend degli ordini visto il chiaro rallentamento del ciclo economico.
Osservare il mercato effettuando una selezione attenta che vada a scegliere qualità sul mercato italiano, in un’ottica che sia un po’ più lunga e non guardi solo a ottobre, ma almeno a 12 mesi, potrebbe portare risultati estremamente interessanti in linea con i ritorni di altre aree europee. Se si persegue un obiettivo non limitato a pochi mesi, probabilmente questo è un momento in cui si possono fare delle differenze di ritorni per i prossimi anni. L’economia italiana è piena di aziende leader globali in nicchie di mercato, con un forte pricing power e queste sono quelle da privilegiare.
Eventuali schiarite a livello macroeconomico come una possibile tregua del conflitto russo-ucraino, un rientro dell’inflazione, un miglioramento dello stato della supply chain globale o un rallentamento del ciclo economico meno severo di quanto ci si aspetti potrebbero portare a rimbalzi di tutto il comparto equity globale, portando con sé anche le azioni italiane.
Commento a cura di Massimo Trabattoni, Head of Italian Equity.
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