a cura di Alessandro Fugnoli, Strategist

AVANTI, CON CAUTELA

Si naviga a vista, ma per ora si può procedere

Il primo semestre sta per concludersi e la sorpresa maggiore, rispetto alle attese di inizio anno, riguarda i bond. Il decennale americano, che aveva chiuso il 2023 al 3.88 per cento, rende oggi il 4.30. Dei sette tagli dei tassi che il mercato era arrivato a scontare a metà gennaio non si è vista per adesso nemmeno l’ombra. Per alcuni mesi l’inflazione, invece di continuare a scendere, è risalita. A questo si aggiunge periodicamente il rischio che il Giappone, per difendere uno yen sempre più debole, inizi a vendere i Treasuries che ha accumulato nelle sue riserve.

Il primo semestre sta per concludersi e la sorpresa maggiore, rispetto alle attese di inizio anno, riguarda i bond. Il decennale americano, che aveva chiuso il 2023 al 3.88 per cento, rende oggi il 4.30. Dei sette tagli dei tassi che il mercato era arrivato a scontare a metà gennaio non si è vista per adesso nemmeno l’ombra. Per alcuni mesi l’inflazione, invece di continuare a scendere, è risalita. A questo si aggiunge periodicamente il rischio che il Giappone, per difendere uno yen sempre più debole, inizi a vendere i Treasuries che ha accumulato nelle sue riserve.

C’è però qualche concreta possibilità che il secondo semestre, per i bond lunghi sia positivo. L’inflazione, che fin qui ha sorpreso per la sua forza, potrebbe ridursi. Non lo diciamo per quel residuo di mentalità da inflazione transitoria che ancora seduce una parte del mercato, ma sulla base di un quadro macro meno surriscaldato. Il disavanzo pubblico americano, infatti, sarà quest’anno leggermente inferiore a quello del 2023. Si sono raccolte più imposte sui capital gain dell’anno precedente e l’amministrazione Biden non è riuscita (per ora) a rinnovare la moratoria sui prestiti universitari. Il risultato è che meno soldi vengono trasferiti al settore privato. L’effetto è un leggero raffreddamento dei consumi e un Pil un po’ meno brillante.

Certo, l’amministrazione Biden sta provando a varare misure di stimolo per via amministrativa, senza cioè ricorrere al voto del Congresso. Tra queste la più rilevante sarà, se decisa, la possibilità, per chi ha comprato una casa con il mutuo, di chiedere un secondo mutuo a tasso agevolato alle agenzie pubbliche che controllano il mercato dei mutui. Questo mercato, dalla Grande Crisi Finanziaria del 2008, è praticamente nazionalizzato. Le banche erogano i mutui, ma li girano immediatamente alle agenzie federali, di cui in pratica sono semplici distributori. Con questo provvedimento due trilioni di nuovi crediti saranno disponibili per le famiglie, ma è ormai tardi perché siano già spendibili entro la fine di quest’anno.

Il modesto rallentamento nei consumi e nel Pil ha fatto pensare ad alcuni osservatori che la seconda parte dell’anno sarà ancora più debole. È possibile, ma è improbabile che questa eventuale ulteriore debolezza porti verso una stagnazione o, addirittura, a una recessione. Se dovesse succedere, la Fed sarebbe pronta a tagliare aggressivamente i tassi. Per ora, in ogni caso, non ci sono ancora segnali preoccupanti.

Le borse, nel primo semestre, hanno dato ottimi risultati. Il secondo semestre sarà probabilmente meno esuberante. Il leggero rallentamento della crescita e le valutazioni raggiunte dalla tecnologia lasceranno meno spazio alla corsa al rialzo dei mercati.

Non ci sono, d’altro canto, elementi per ipotizzare come imminente una correzione delle borse. Tutte le notizie macro comprese nel canale che va dal moderatamente negativo al moderatamente positivo continueranno a essere lette come positive. Le prime faranno infatti pensare a un soft landing, le seconde a un no landing senza surriscaldamento.

Il pericolo, per i mercati, saranno gli eventuali dati troppo forti o troppo deboli. Entrambi saranno letti negativamente (surriscaldamento nel primo caso, rischio di recessione nel secondo). Si tratta però, per quello che si può oggi capire, di scenari di coda poco probabili per i prossimi sei mesi.

I rischi verranno invece dai fattori esogeni, soprattutto politici e geopolitici. Su questi piani continuerà il peggioramento del quadro di fondo, ma lo scenario di base è quello di un deterioramento contenuto e controllato.

Prendiamo il caso francese, il più vicino all’orizzonte nel tempo e nello spazio. È evidente che il quadro, dopo il voto, sarà più incerto, fragile e confuso, ma è molto difficile che si verifichi davvero un peggioramento marcato nei conti pubblici. Se dalle urne uscirà una maggioranza assoluta, il governo che ne deriverà avrà uno spazio di manovra molto ristretto perché urterà immediatamente contro il muro dell’Eliseo, della Corte costituzionale, del Senato e della Commissione europea. Se, come sembra più probabile, ci sarà un parlamento frammentato, si formerà un governo tecnico di basso profilo.

Il voto americano di novembre avrà potenzialmente più conseguenze. Ci sarà prima di tutto una fase transitoria in cui lo schieramento sconfitto rifiuterà di riconoscere la legittimità formale e politica della vittoria dello schieramento avversario. Poi l’attenzione si sposterà sui programmi di politica fiscale e sulle politiche commerciali. Anche qui valgono però le avvertenze che abbiamo visto nel caso francese. Prima di tutto è abbastanza improbabile una vittoria piena che includa la Casa Bianca e i due rami del Congresso e senza una vittoria piena qualsiasi programma verrà depotenziato. In secondo luogo, anche in caso di vittoria piena vedremo verosimilmente un mantenimento degli attuali elevati livelli di disavanzo, non un loro ampliamento ulteriore.

Quanto alle guerre in corso, la situazione non è rassicurante, ma il deterioramento non sembra ancora debordare in salti di qualità non controllabili.
In Ucraina nessuno intende cedere e nessuno può cedere. La logica che si è messa in moto è quella dell’escalation, a tratti inquietante sul piano verbale ma ancora lenta e controllata sul piano pratico.

Nel Levante si profila un secondo fronte di conflitto tra Israele e Hezbollah. La temperatura sale ininterrottamente da sei mesi ma anche qui, per il momento, non sono ancora visibili accelerazioni improvvise.

Lo stesso si può dire sul fronte del Pacifico. Tutti i paesi della regione continuano a prepararsi a un possibile conflitto rafforzando le alleanze militari e riarmandosi, ma tutto viene mantenuto sotto controllo.

In sintesi, è sbagliato pensare che il rialzo degli asset finanziari abbia necessariamente davanti a sé una strada lunga e tranquilla. Si naviga a vista e lo si dovrà fare sempre di più nei prossimi anni. Per ora, tuttavia, il quadro di breve termine appare ancora tale da farci rimanere pienamente investiti.

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